I VINCITORI
1° CLASSIFICATO - "IL GROSSO AFFARE" di Nicola Cecconi
In sedici scene – con passaggi di tempo e di luogo dall’una all’altra – Nicola Cecconi ambienta tra Mogliano Veneto e l’aeroporto di Tessera una commedia che mette in scena trame di economia veneta di oggi, in luogo di quelle del repertorio classico. Il tratto caratterizzante – specie nel personaggio dell’imprenditore Giovanni - risulta soprattutto nella caratterizzazione, comica ma senza discese cabarettistiche o paratelevisive, di una lingua che mescola il dialetto all’italiano regionale a un inglese approssimativo della comunicazione aziendale (si veda soprattutto il monologo “al microfono” della scena quarta). Questo, dunque, l’elemento più felice per una rivistazione contemporanea di una trama canonica con scambio dei personaggi e conseguenti qui pro quo (tra il fattorino nigeriano Antonhony e l’impresario sudafricano, che è alto e biondo, che si attende per la firma di un contratto). Il brain storming e istagram, insieme allo scaner manuàe e al wassap, rispondono anche alla richiesta, pur non obbligatoria, del bando in relazione al tema delle nuove tecnologie.
2° CLASSIFICATO - "LA CORIERA" di Cristiano Fighera
Il romano, residente a Perugia, figlio di veneti Cristiano Fighera offre un copione divertente e ben congegnato, e tanto più in quanto il suo finale rivela che gli elementi di caratterizzazione più scontata e macchiettistica (il tedesco psichiatra che parla secondo una connotazione da caricatura stereotipa) sono in realtà a doppio fondo. Commedia più che da camera “da cucina”, la coriera si intitola così perché mette in scena l’ossessione di un ex guidatore che, dopo la perdita della memoria, immagina appunto, assecondato da parenti e conoscenti, di guidare la sua vettura, utilizzando la tavola, le sedie e un ventilatore a stelo. Si tratta di un copione che fa indubbiamente riferimento a una tradizione di repertorio, ma che mostra, con buona padronanza della scrittura, di riattraversarla con originalità, specialmente nel ribaltamento conclusivo rispetto a quanto lo spettatore ha creduto di sapere e, cosa anche più importante, delle modalità di caratterizzazione che ha fin là pensato assunte dall’autore come un limite della sua scrittura, e che invece sono una vera e propria trappola pensata a partire dall’escogitazione del finale.
3° CLASSIFICATO - "EL PIANETIN" di Dario Tesser
Sei personaggi (il settimo arriva a tirare le fila, con una dichiarazione finale) sono immaginati muoversi in un pianeta lontano, scampati da un disastro, forse da un atterraggio di fortuna in un pianeta lontano. L’ambientazione in una landa desolata – si veda il particolare dei due alberi stenti e delle dune in lontananza – fa venire in mente dei classici della drammaturgia del Novecento, qui con una ripresa tanto più apprezzabile e originale in quanto un simile paesaggio vede muoversi non solo personaggi che parlano in dialetto, ma che precisamente si esprimono in un registro assai preciso, quello di Treviso, addirittura “quartiere duomo”. Il testo, oltre a una tenuta dialogica e a un’equilibrata descrizione didascalica, è particolarmente apprezzabile per la volontà di innovare il repertorio tradizionale trasportando i personaggi (ci sono l’Onorevole, il Vicecapoufficio, la Segretaria, il Fattorino eccetera) in una landa desolata. Al contempo il registro dialettale, e tanto più nella sua non genericità, mostra possibilità di caratterizzazione che una versione in lingua non consentirebbe.